mercoledì 30 luglio 2008

Politica e Dirigenza - 2

Il nostro precedente documento dal titolo «Politica e Dirigenza: una riflessione sulla legge che disciplina gli scioglimenti dei consigli comunali» pubblicato lo scorso 11 giugno, voleva gettare la cosiddetta “pietra nello stagno” per sollecitare più attente considerazioni su di un tema di grande attualità e che, purtroppo, ha visto come protagonista “in negativo” il Consiglio Comunale di Marcianise. Ed in verità in parte ci è riuscito! Il riferimento, poi, alla vicenda locale é stato puramente occasionale, uno spunto per intavolare un discorso che, man mano, si sta arricchendo di ulteriori riflessioni e considerazioni quali quelle sul divieto per gli amministratori “sciolti” di potersi ricandidare nella successiva tornata elettorale.
Non diamo giudizi di merito ma c’è da credere che ritrovare tra gli scranni di un’aula consiliare gli stessi “furbetti del quartierino”, sebbene bollati e mandati a casa con infamia, sarebbe per la Legge, per la Democrazia e per i Cittadini una vergognosa messinscena ed una pesante e dolorosa sconfitta.
Dobbiamo anche ribadire che sono da escludere allusioni alla dirigenza marcianisana nonché l’idea che l’UDC abbia voluto accendere un faro sulla stessa per togliersi qualche sfizio, qualche sassolino dalla scarpa oppure consentire ad altri di poter sfogare liberamente i propri risentimenti. Sgombriamo, quindi, la mente da pregiudizi di basso profilo e veniamo ad eccezioni formulateci con competenza, ragionevolezza e correttezza giuridica.
Si è detto: «Se c’è stato voto di scambio il funzionario non lo sa» ed ancora: «Atti perfettamente corretti sul piano formale, potrebbero sottendere interessi illeciti; ma questo non lo sa il dirigente, che controlla solo la fattibilità sul piano giuridico del provvedimento».
Il compito del Dirigente, per la verità, non si esaurisce con la sola verifica della fattibilità sul piano giuridico del provvedimento. Rientra nella sua sfera di competenza anche e soprattutto ciò che consegue all’adozione del provvedimento stesso: la gestione, la funzione, cioè, di guida e di controllo. Ipotizzando anche l’assoluta estraneità del dirigente alla celata “tresca truffaldina”, il responsabile del procedimento (dirigente della struttura o suo delegato) é comunque nelle condizioni di poter controllare ed esercitare appieno tutti i poteri che la legge gli attribuisce affinché l’oggetto del deliberato possa giungere ad esecuzione nel pieno rispetto delle disposizioni normative. Occorre riflettere, parlando di dirigenza, non tanto sul concetto di “voto di scambio” o di versamento di una “tangente” ma sulle relative ed inscindibili controprestazioni quali il favoritismo e qualunque altra irregolarità (non solamente ti scelgo ma ti debbo anche affidare un lavoro leggero, meno faticoso).
Il rapporto col politico si concretizza, com’è noto, con l’affidamento del servizio in forma diretta o mediante pubblica gara “cucendogli addosso il vestito”; quello col dirigente, invece, si concretizza nell’inadeguato controllo in ordine alla quantità ed alla qualità dei lavori e/o dei materiali forniti. Bisogna essere consapevoli che quest’ultimo elemento rappresenta, di fatto, l’obiettivo del “patto scellerato” stipulato tra il politico e l’appaltatore in quanto, in mancanza, verrebbe meno per l’impresa la convenienza economica ad aggiudicarsi l’appalto. Nella fase gestionale, fase dell’esecuzione del contratto e, quindi, della verifica della qualità e della quantità dei lavori e/o delle forniture, vengono alla luce le difficoltà per “l’ignaro” dirigente a cui si faceva poc’anzi riferimento. I lavori non proseguono secondo il programma prestabilito dagli atti di affidamento e/o le forniture non risultano corrispondenti per quantità e qualità al capitolato speciale d’appalto e, quindi, irregolari. Niente di grave, l’appaltatore sollecita il politico “riconoscente” ad onorare l’impegno assunto (Pacta sunt servanda). Viene, pertanto, prospettato al dirigente o di soprassedere sugli “inconvenienti” che si sono manifestati oppure di nominare altro responsabile del procedimento il cui nominativo viene “suggerito” dallo stesso politico. A questo punto è d’obbligo domandarsi se la cronaca ha mai dato contezza di un solo dirigente che abbia denunciato un tentativo di corruzione o di abuso di potere da parte del politico “sovrano” oppure la tresca truffaldina stipulata tra l’ imprenditore ed il politico. Non ci sovvengono frequenti esempi! Eppure ne avremmo estremamente bisogno per continuare ad avere fiducia nelle persone ma soprattutto nelle istituzioni. Tali avvenimenti iniziano e si esauriscono tra quattro mura lontano da occhi indiscreti. Come dire: i panni sporchi si lavano in famiglia. E rimarranno tali in assenza di una seria e scrupolosa indagine da parte delle autorità competenti. Rimane il fatto, però, che in assenza di una circostanziata denuncia penale sull’accaduto, il dirigente dovrebbe, in teoria, rispondere sia sul piano penale che su quello amministrativo-contabile. Nel primo caso per aver omesso di denunciare il tentativo di corruzione, l’abuso di potere e la “combine”, nel secondo perché l’ amministrazione pubblica verrebbe ad essere esposta a maggiori costi rispetto alla qualità del servizio e/o dei lavori eseguiti.
Un esempio nostrano circa il controllo della fattibilità sul piano giuridico del provvedimento è il seguente.
Secondo quanto è noto il Sindaco di Marcianise ebbe ad affidare con propria ordinanza il servizio di spazzamento ad una specifica ditta per la durata di un mese e per l’importo di € 399.803,45 . Il predetto affidamento è stato prorogato e/o rinnovato, con diversi atti ed ancora continua grazie anche alla terna commissariale che attualmente assicura la gestione del Comune. In questa fattispecie v’è da notare l’assenza del contributo dirigenziale e del Segretario Comunale nella fase dell’adozione del provvedimento di affidamento del servizio: non è stato, cioè, richiesto al dirigente di controllare nemmeno “la fattibilità sul piano giuridico del provvedimento”. Vi è da dire che, sia la predetta ordinanza sindacale che i successivi provvedimenti di proroga e/o di rinnovo dell’ incarico de quo, sono da censurare sotto il profilo della legittimità in quanto “nulli perché viziati da difetto assoluto di attribuzione” (la competenza in materia di appalti è di esclusiva pertinenza dei dirigenti). A nessuno dovrebbe sfuggire che l’atto “nullo” è da considerarsi come un’entità inesistente e, quindi, impossibilitato a produrre, in modo assoluto, effetti giuridici. Eppure nessuna censura, ad eccezione di quella politica da noi prodotta in consiglio comunale, è stata sollevata nei confronti di tali atti. Anzi la dirigenza, che è tenuta, come si è detto, a verificare la fattibilità sul piano giuridico del provvedimento, ha dato seguito alla pratica come un qualsiasi provvedimento munito di sigillo della legalità più assoluta. La gestione del servizio, infatti, è stata affidata alla struttura di competenza e non sembra che sia stato eccepito alcuna forma di rilievo giuridico; il contratto è stato regolarmente rogato dal Segretario Comunale o da chi ne fa le veci e sono stati regolarmente introitati anche i relativi diritti di segreteria. Tutto alla luce del sole! Ma per il diritto, a cui faceva cenno qualche commentatore, l’intera vicenda è “ NULLA “, inesistente, anche se il Comune continua a pagare un canone mensile che ascende, oggi, ad € 463.440,00 a fronte di un servizio a dir poco deludente. Non c’è da sentirsi garantiti da una dirigenza “nominata e promossa sul campo dai politici”. Il fine che ha ispirato la riforma “Bassanini” degli anni novanta (separazione del momento politico dell'azione amministrativa, affidato agli organi politici, da quello tecnico-gestionale, affidato ai dirigenti) sia letteralmente naufragato e non sarà mai raggiunto per i seguenti motivi:
a) Ingerenza degli organi politici sull'operato dei dirigenti;
b) Permanenza in capo al politico del potere di nomina del dirigente intuitu personae, unitamente a quello di affidare incarichi dirigenziali ai quali, per contratto, è collegata, a seconda della relativa tipologia, una modesta o una cospicua indennità di trattamento di funzione (soldoni).
Permanendo così le cose a molti dirigenti, che Tacito definiva come coloro che “esercitano poteri regali con animo di schiavi”, non rimane che prediligere la “concordia” alla “conflittualità”, fare “carriera politica” piuttosto che “impegnarsi sui libri o scoprire nuovi orizzonti”. Con la conseguenza, ahinoi, di ritrovarci non una pubblica amministrazione autonoma, con le proprie regole e principi, ma una entità assoggettata al “padrone” in cui svettano a mo’ di “papaveri” dirigenti impreparati, incapaci di adattarsi, senza stimoli, deresponsabilizzati, e che, con la tendenza a regolamentare ogni minimo aspetto della vita quotidiana, incidono negativamente anche sullo sviluppo economico del paese.