mercoledì 11 giugno 2008

Politica e Dirigenza: una riflessione sulla legge che disciplina gli scioglimenti dei consigli comunali.

Il decreto legislativo n° 267 del 2000, oltre che inefficace è carente nella parte in cui non individua le opportune misure “cautelari” da applicare nei confronti del Segretario Comunale e della Dirigenza.
Il politico ed il burocrate, infatti, rappresentano le due facce della stessa medaglia: “la mente” il primo (per essere titolare delle funzioni di indirizzo e controllo) ed “il braccio” il secondo (a cui compete la gestione amministrativa, tecnica e contabile). Entrambe concorrono alla produzione di provvedimenti e/o di fattispecie rilevanti sul piano amministrativo e giuridico. L’oggetto della “produzione” è costituito dal programma politico amministrativo elaborato e presentato dal Sindaco durante la campagna elettorale ed è tradotto in provvedimenti amministrativi e tecnici dalla dirigenza comunale sotto l’alta vigilanza del Segretario Comunale. Volendo distinguere, poi, le responsabilità politiche da quelle gestionali, bisogna sottolineare che all’attuazione del programma si può pervenire in maniera condivisa o conflittuale.
Nel primo caso, “condivisione”, i meriti (non rinvenendosi mai, purtroppo, casi di demerito) sono ripartibili in misura uguale tra il politico e la dirigenza: il primo con la eventuale rielezione e con la legittima aspirazione ad incarichi più importanti; il secondo con la percezione dell’indennità di risultato quantificata, in misura percentuale rispetto agli obiettivi raggiunti, dal Nucleo di Valutazione nominato dal politico e del quale fa parte di diritto il Segretario Comunale.
Nel secondo caso (conflittualità), invece, ed a seconda della circostanza, il merito e/o la responsabilità diventa personale ed è riconducibile in modo inequivocabile alla parte che ha determinato o che ha influenzato l’andamento dei “lavori” sì da ottenere un prodotto di ottima o pessima qualità.
L’applicazione delle misure “cautelari”, di cui è cenno sopra, troverebbero applicazione, (nel caso della conflittualità) nei confronti della parte che ha operato in modo non rispondente ai principi della correttezza amministrativa, ma anche, indistintamente, nei confronti di coloro che hanno realizzato un “prodotto” condiviso (cioè quando tra il politico ed il dirigente v’è “unità di vedute”).
Del resto, tale orientamento si potrebbe rinvenirlo implicitamente nella giurisprudenza formatasi in questi ultimi anni sulle ragioni che possono determinare lo scioglimento del Consiglio.
Secondo il Consiglio di Stato l’adozione di tale provvedimento sanzionatorio non è conseguente “all’accertamento di specifiche responsabilità dei singoli amministratori …” né può “ritenersi ostativa all’emissione del provvedimento la inesistenza di comportamenti penalmente sanzionabili in quanto la valutazione delle acquisizioni probatorie in ordine a collusioni e condizionamenti con la criminalità deve essere effettuata globalmente senza estrapolare singoli fatti od episodi al fine di contestarne l’esistenza o diminuirne il rilievo ...” Ed allora, se l’azione amministrativa è stata caratterizzata da un’attività di programmazione e di realizzazione “condivisa”, è giusto ritenere che la responsabilità del risultato negativo di quel “connubio politico/dirigenza” ricada solamente sul politico al quale la legge attribuisce la sola funzione di indirizzo e di controllo, ma non anche quella operativa e gestionale di esclusiva competenza del dirigente?
Analogo discorso coinvolgerebbe di fatto anche il Segretario Comunale in quanto occupa, nell’organizzazione del Comune, un posto centrale e di rilievo.
Allo stesso, infatti, sono attribuiti compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente.
Egli viene nominato dal Sindaco in ragione di un rapporto fiduciario, ne dipende funzionalmente ed attua le direttive degli Organi elettivi; partecipa (e non: assiste) alle sedute della Giunta e del Consiglio Comunale; coordina e vigila sull'azione dei dirigenti e sovrintende alla loro attività ricordando che:
a) Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti.
b) Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno.
E’ evidente che in una siffatta costruzione dell’ente comunale risultano, come detto, assolutamente inefficaci le misure previste dalla norma vigente. Sarebbe necessario che «il livello dirigenziale, responsabile della gestione, sopporti le conseguenze della propria condotta che, sebbene immune da rilievi di ordine penale, concorra a fondare la proposta di scioglimento formulata dal prefetto. In tale ottica, è necessario introdurre modifiche alle norme vigenti prevedendo la possibilità di un commissariamento dell'ente locale limitato all'area gestionale-tecnica, da realizzare mediante la nomina di un commissario straordinario con le funzioni del direttore generale con poteri di avocazione delle funzioni gestionali, amministrative e finanziarie dei servizi interessati.» (vedi, tra le altre, la proposta di legge n. 2014 del 30 novembre 2006 di modifica al decreto legislativo in materia di scioglimento dei consigli comunali). In questo senso riteniamo che sia necessario riprendere le fila di quei discorsi nelle opportune sedi legislative.
Riteniamo anche che la Commissione istituita presso il Comune di Marcianise, con la assegnazione del personale in posizione di sovraordinazione (art. 145), predisponga ogni altra iniziativa idonea ad assicurare discontinuità rispetto al recente passato.

La Sezione UDC di Marcianise – Dipartimento “Ente Locale”