lunedì 11 agosto 2008

Casini: intervista a "Il Mattino" del 10 agosto 2008

Il bipartitismo è finito, il Centro riparte dal Sud
Il leader dell’Udc rilancia la Costituente dei moderati
«Le riforme? Vanno fatte ma pensiamo ai problemi reali»
GINO CAVALLO
Roma.
Meglio soli che male accompagnati. Vale anche in politica, vale di certo per l’Udc di Pier Ferdinando Casini che, vinta la sfida elettorale, può tracciare un bilancio in positivo di questo primo scorcio di legislatura. Almeno stando all’intenso «corteggiamento» di cui è oggetto dalla maggioranza come dall’opposizione. Il centro ha resistito all’effetto schiacciasassi dei due bulldozer della politica italiana e pensa addirittura di «rifondarsi» con una Costituente aperta a chi non ama né i loft né i predellini. L’idea è ambiziosa: rimettere tutto in gioco con l’obiettivo finale di ridurre la distanza tra la (buona) politica e la gente. Nell’appello per la Costituente di centro c’è scritto che punterete a «modificare il sistema politico». Non sarà un po’ troppo?
«Credo che il mito del bipartitismo all’italiana sia tramontato il giorno dopo le elezioni. Lo testimoniano le contraddizioni profonde con cui sono alle prese i due partiti maggiori. Per quanto riguarda il Pd, penso all’alleanza con Di Pietro e alle grandi questioni che ha aperto. L’altro schieramento, quello di Berlusconi, va verso il congresso in un modo che definirei quantomeno singolare. Sento parlare molto di quote, di spartizioni a tavolino che dovrebbero riassumere e sostituire i momenti di vita partecipativa. Tutte cose che hanno l’aria di essere più adatte ad una società per azioni che a un soggetto politico». Il consenso per l’esecutivo sembra tuttavia costante «La verità è che tutti i sondaggi danno in forte crescita realtà come la nostra, l’Idv di Di Pietro, la Lega. Se a questo aggiungiamo che il governo ombra si è rivelato per quello che é, poco più che propaganda per intendersi, e che è già finita la luna di miele veltrusconiana quel che resta è un terreno enorme di confronto per forze come la nostra. Ecco perché sono certo che la Costituente di centro può puntare ad uno spazio amplissimo. Riforme, ridisegno della forma partito, tutto allo stesso tempo. Non c’è il rischio di un ingorgo? «Siamo impegnati a cogliere uno stato d’animo potenzialmente a noi favorevole. Per riuscirci c’è bisogno che l’Udc sappia aprirsi e ripensare il proprio modello organizzativo. Come in Campania dove questo già sta avvenendo e personalità come De Mita svolgono un ruolo vitale per l’Unione di centro. Ed in cui esistono disponibilità come quella di Clemente Mastella che è giusto andare a verificare. In Campania possiamo realisticamente puntare al 10%, ora sta a noi capire con intelligenza e generosità che un partito chiuso è un partito debole, impaurito, autoreferenziale. Esattamente il modello di partito che non ci possiamo permettere di essere».
Il primo appuntamento sono le europee. Con quale legge voteremo. «Per noi è indifferente, per le soglie decida il governo, 3, 4 o 5 va tutto bene. A patto che ci siano le preferenze. Perché un sistema che restringe le possibilità di scelta dei cittadini è soltanto un’indecenza». Anche Enrico Letta ribadisce che il Pd deve guardare al centro. Eccola perciò la madre di tutte le domande: chi sceglierete tra Walter e il Cavaliere? «Più che una domanda sembra una sorta di tormentone, soprattutto alla luce del quadro che ho provato a tracciare. Come si possono fare domande del genere a chi come noi questo sistema punta a scardinarlo? Verrà il tempo delle alleanze, ma le faremo con soggetti politici diversi da questo abbozzo informe di bipartitismo. Per ora il nostro compito è svelare le finzioni con cui abbiamo a che fare. E, allo stesso tempo, costruire le condizioni perché tante personalità politiche che oggi militano nel Pd come nel Pdl costruiscano con noi una nuova casa».
Ma in autunno l’agenda prevede le grandi riforme, dovrete schierarvi. «Alla ripresa autunnale al centro di tutto ci sarà il tema dell’economia. Pensare che le riforme istituzionali polarizzino l’interesse dell’opinione pubblica significa vivere fuori dalla realtà. Gli italiani hanno il problema del prezzo dei beni di prima necessità, dalla pasta al pane, chi volete abbia voglia di discutere di bicameralismo perfetto o di federalismo?» Difficile però che il Cavaliere rinunci a metter mano almeno alla giustizia. «Intendiamoci, le riforme vanno fatte e noi non ci tireremo indietro. Per esempio, dopo che il lodo Alfano ha espunto la questione Berlusconi dal dibattito contingente, credo che di riforma della giustizia si possa discutere con maggiore serenità. E a settembre, fondazioni della nostra area e di ispirazione socialista, organizzeranno insieme un seminario proprio sulla questione giustizia. Abbiamo invitato tutti, da D’Alema a Ghedini, l’avvocato di Berlusconi, dal Guardasigilli al ministro ombra del Pd. Lo aprirà una personalità come Giuliano Vassalli, che da sola è una garanzia».
Alle riforme ci arriveremo con o senza dialogo? «È stucchevole questa storia del dialogo che, ricordo, resta comunque un preliminare rispetto al momento fondamentale, la decisione. Il dialogo c’è sempre stato, semmai a mancare è la volontà di chiudere. Ci tratteniamo in maniera ossessiva sul fumo e a nessuno sembra importare molto dell’arrosto». Intanto l’esecutivo,da Brunetta ai militari in strada, sforna novità a raffica. «La nostra, e gli atti parlamentari lo testimoniano, non è mai stata un’opposizione pregiudiziale. Quando si è agito con successo, lo abbiamo riconosciuto. È stato così per l’emergenza rifiuti a Napoli, in quel caso il nostro contributo l’abbiamo dato con scelte concrete e coerenti. Insomma, non siamo di quelli che demonizzano. E tuttavia non siamo nemmeno distratti, non ci sfugge come l’esecutivo non perda occasione per amplificare il lavoro svolto. Salvo poi, scendendo nel dettaglio, constatare che è bello vedere i militari per le strade, ma lo sarebbe molto di più reintegrare gli ottomila poliziotti che mancano all’appello. Piuttosto che essere costretti, come preannuncia il ministro La Russa, a ridimensionare per mancanza di soldi le nostre missioni all’estero Ammetterà che con la Finanziaria almeno proceduralmente si è innovato. «È bello vedere una Finanziaria virtuosa, a patto che i tagli distinguano tra le cose davvero inutili e le aree che rappresentano un segmento strategico per il nostro Paese. Questa comunque è la Finanziaria di Tremonti, credo che gli altri ministri l’abbiano potuta leggere per lo stesso brevissimo tempo concesso a noi dell’opposizione. La verità è che tagliare dovunque in modo uguale significa solo rinviare alla fine dell’anno problemi che immancabilmente esploderanno. Trattare la scuola come gli enti inutili è un errore che prima o poi si paga caro. E i fannulloni? «La campagna di Brunetta è giusta, solo che è uno spot. Allo stesso modo in cui lo era la campagna di Visco sull’evasione. Nell’uno e nell’altro caso le leggi ci sono sempre state. E, comunque, non ci si può limitare a gridare «al lupo, al lupo». Voglio dire, ben venga la lotta all’assenteismo, a patto che ad essa seguano interventi organici e strutturali».