mercoledì 5 marzo 2008

De Mita con l’Udc all’assalto del Senato

da IL MATTINO del 5 marzo 2008
ALDO BALESTRA

É tornato ancora una volta a Montecitorio, ieri mattina, ed ha passeggiato in Transatlantico con colleghi deputati e giornalisti. Una «vasca», e poi un’altra ancora. Su e giù. «É stata una mia abitudine per quarant’anni, è vero. Ma sto per perderla. Cambio sede». Ciriaco De Mita ha deciso, correrà per il Senato con l’Udc-Rosa bianca e il motto sturziano «Liberi e forti». Da capolista, in Campania. Sfiderà l’amico Marco Follini, in testa allo schieramento del Partito Democratico, da cui l’ottantenne Ciriaco è uscito lo scorso 20 febbraio, sbattendo la porta e facendo rumore. «Lo ripeta, sono stato cacciato. Ma io non mi sono mica opposto. L’intelligenza non si può misurare con gli anni che passano», chiosa ricordando ancora la storia dell’età e del limite dei tre mandati, che «re Walter» ha ritenuto inderogabile per lui che ne aveva accumulati undici. Il leader di Nusco ha preso la sua decisione dopo l’ultima riunione operativa, ieri mattina, con il segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa. Questione di numeri, percentuali, consistenza sui territori. Il candidato premier Casini, incontrando la volontà del maestro deluso, gli aveva chiesto di dare il massimo spessore all’impegno in campagna elettorale, «trainando» laddove è più difficile ottenere il risultato, al Senato. Accantonata, dunque, l’ipotesi che pure era circolata di un De Mita in corsa alla Camera. «No, lui non ha paura - dice un suo fedelissimo -. E poi è convinto che la dialettica, considerando la differenza di numeri che ci sarà alla Camera con il premio di maggioranza, sia possibile solo al Senato. É lì che si potrà dialogare, far circolare le idee del centro dialogante con il progetto a cui Ciriaco sta contribuendo con tenacia». De Mita, dopo il summit mattutino con Cesa, è tornato nella sua casa romana. «E devo dire - racconta il leader irpino - che non mi sono mica annoiato, tra visite di tanti amici e telefonate da tutto il Mezzogiorno. Sa, avevo letto le liste del Pd di buon mattino e mi ero reso conto del dramma politico che s’è consumato in Campania. Alla Camera, con amici, mi sono concesso una battuta: Vedete? A Napoli dopo la munnezza c’è lo scarto dei politici. Non serve più niente. E nessuno». Ed allora, spiega De Mita, è improvvisamente aumentata una serie di contatti informali che potrebbero portare a grosse novità. In Campania sono tanti i delusi del Partito Democratico: eletti che sono stati «risucchiati» dal repulisti ordinato da Veltroni o stoppati in posizioni non utili per un seggio in Parlamento. L’elenco di scontenti è lungo, in testa ci sono Squeglia a Palumbo. E così via, da Caserta a Benevento passando per Avellino. Meno proteste giungono da Salerno (e non mancano accuse di campanilismo dalla base campana del Pd al salernitano coordinatore regionale, Iannuzzi). De Mita non fa nomi («non mi sembra il caso, aspettiamo ancora un po’»), ma sul triangolo Roma-Napoli-Avellino sta tessendo la sua tela centrista. «Le liste sono lunghe, c’è bisogno di dare forma e contenuto, di suscitare nuova speranza in Campania. E dovrebbe far riflettere il fatto che sono pronti e disponibilissimi a correre con il centro, senza far richieste, politici di spessore ripudiati dal Pd senza ragione».