lunedì 27 agosto 2007

“Caro Rutelli, il coraggio lo devi avere sul serio”


Un po’ è stufo, forse, Pier Ferdinando Casini. Stufo di certe blandizie inconcludenti che arrivano dall’area moderata del centrosinistra; e infastidito da quella rete di sospetti e malizie con cui Berlusconi e Fini - ma soprattutto Fini - cercano di condizionarne l’agire politico. In più, osserva quel che accade all’Italia («Un Paese che cammina verso il baratro») e si dichiara stupefatto che «ci sia ancora chi difende questo bipolarismo». La sua ricetta è nota: «Abbiamo il dovere di costruire una risposta all’altezza della situazione: ma occorrono scelte impopolari che la politica può compiere solo se sigla un armistizio». Ecco quel che chiede, sull’onda di quanto accaduto in Olanda, Germania e Austria:
«Quando parlo di governo di salute pubblica, penso a un esecutivo che faccia le cose impopolari necessarie al Paese: cose impossibili con i demagoghi seduti in Consiglio dei ministri».
Lei insiste, presidente, ma le hanno già riposto di no sia da destra che da sinistra...
«Si figuri, vedo anch’io che il buonsenso è in minoranza. Ma ci vuole costanza. Per altro in privato tutti - ripeto: tutti - dicono che quella è la soluzione. In pubblico, è chiaro, non possono: perché con questo continuo evocare le elezioni, nessuno è così suicida da porre apertamente la questione».
Lei insiste. Per convenienza, come l’accusano nel centrodestra?
«Ho già detto che non ho la vocazione della crocerossina. Aggiungo che sono una delle persone anche internazionalmente più impegnate del centrodestra. Sono presidente dell’Internazionale democratico-cristiana, sono succeduto ad Aznar, partecipo ai vertici del Ppe. Al contrario di quel che ipotizza qualcuno, l’ultimo dei miei problemi è aiutare il Partito democratico. E sono stupito da certa miopia...».
Ce l’ha con Fini?
«Ce l’ho con certe analisi volutamente monche. Per esempio: tra noi c’è chi ritiene che vada tutto bene e i problemi del Paese nascano dal fatto che Prodi governa male. Dunque, Prodi a casa e problemi risolti. Temo invece che, se manderemo via Prodi, chi lo sostituisce produca un’altra delusione, perché è il sistema che si è inceppato. E mi meraviglia che sia quasi più Berlusconi a rivelarne la consapevolezza - con le critiche al bipolarismo - di leader che per professionalità dovrebbero ben vedere i rischi che abbiamo di fronte. Per altro, parliamo di problemi non solo nostri: basti pensare alla crisi del potere che attraversa mezza Europa»
Beh, in verità Sarkozy da tutti indicato a modello...
«Ecco, proprio Sarkozy: nonostante sia presidente della Repubblica, di fatto premier e capo della maggioranza, chiede più poteri, paventando una trasformazione in senso ancor più presidenziale della Repubblica. E dove non si va verso soluzioni simili, per risolvere la questione del potere - intendo della sua gestione, del suo agire con velocità - si uniscono al governo partiti tradizionalmente alternativi. Non è solo la via scelta in Germania. Anche in Olanda e Austria la politica ha attraversato con l’armistizio questioni gigantesche».
Se però lo propone lei in Italia, ecco l’accusa di trasformismo. E’ questo che vuol dire?
«E’ uno specchietto per le allodole, fa parte della propaganda. Onestamente, e col massimo rispetto, andiamo a vedere le presenze dell’Udc e magari di An e vediamo chi viene meno all’impegno di fare opposizione in Parlamento. E’ chiaro che il problema non è quello. In un’unica circostanza l’Udc ha votato col governo: è il caso del sostegno ai nostri militari in Afghanistan e ancora sono allibito per la miopia di chi ha fatto scelte diverse».
Allora qual è il problema?
«Forse il problema sta nei timori di qualcuno».
Che intende?
«Prendiamo Berlusconi e Fini. Silvio ha tanti difetti - che io ho spesso evidenziato - ma anche meriti. E soprattutto non è fesso: discute serenamente di legge elettorale alla tedesca sapendo che la garanzia di non essere aggirato sta nella forza e nella capacità di proposta. Fini, invece, sembra sospettoso, teme tranelli... Non capisco perché chi ambisce alla leadership debba aver paura di essere aggirato se ha dalla sua la forza delle idee e la convinzione che siano giuste».
Magari perché teme la rinascita di un centro che - grazie a una legge elettorale meno bipolare - giochi su due tavoli. Si è molto scritto, nei mesi scorsi, del suo dialogo con Rutelli...
«Sì, ma il dialogo è finito nel momento in cui Rutelli ha deciso di entrare nel Pd. Il che non vuol dire che non continui, per esempio, con quel grande mondo centrista e moderato andato in piazza nel family day. Ma la ricostruzione di quell’area non è certo ipotizzabile in una fase così confusa e torbida...».
Però Rutelli insiste: nel Manifesto dei coraggiosi prospetta un “centrosinistra di nuovo conio” e alleanze diverse per il Pd. Che risponde?
«Che intanto quei coraggiosi non si rivelano tali quando si tratta di tirar le somme delle enunciazioni fatte. Certo, Rutelli cerca di colmare il vuoto tra il centrosinistra e il mondo moderato di cui parlavo prima: in questo senso è competitivo, antagonistico ma anche contiguo alla nostra linea. Ma se si tira avanti con questo governo, ogni intento coraggioso sarà seppellito. Se invece lo scenario cambia, allora vedremo come e in che direzione. E ne riparleremo».
Certo è singolare che lei insista a chiedere le dimissioni di un governo che ha appena chiuso la difficile riforma delle pensioni.
«Già, ma l’ha chiusa con una specie di vorrei ma non posso, stretto come sempre tra riformisti, radicali e sindacati. E’ una riforma che scontenterà tutti. In più, annoto che siamo l’unico Paese con alto debito che si pone il problema di addolcire lo scalone. La cui demolizione rientra in quel vizio italiano per cui ogni governo deve distruggere quanto fatto dal precedente. Anche questo stufa la gente, dando spazio alla cosiddetta antipolitica».
Sarà mica ancora colpa di Prodi?
«E’ colpa di un sistema che consegna alle estreme il diritto di veto. Lo sfascio deriva dal bipolarismo italiano, che determina un’insopportabile incapacità a decidere. Non a caso l’antipolitica monta oggi. La gente è anche disposta ad accettare gli alti stipendi dei parlamentari, ma non giustifica alti stipendi in cambio dell’inefficienza. Capisco personalità come Montezemolo che firmano il referendum come monito al legislatore. Non capisco se lo fanno leader politici: infatti, se davvero si sostiene che col referendum lo scettro delle decisioni torna nelle mani del cittadino, siamo alla presa in giro».
E’ dunque una legge elettorale alla tedesca, come dicono ormai anche Fassino e Rutelli, la soluzione di ogni problema?
«Il Pd ha bisogno di una legge come quella per non subire più i diktat dell’estrema sinistra. Ma vale per tutti i partiti. Una ristrutturazione del sistema che permetta di passare dalla costrizione alla libera scelta, serve prima di tutto al Paese. Ma ripeto: senza un armistizio, senza un esecutivo di salute pubblica, mi pare difficile procedere».
E lei davvero farebbe un governo con Fassino e D’Alema, accusati di esser «consapevoli complici di un disegno criminoso»?
«Non mi piacciono le sentenze preventive e poiché sono una persona seria il mio garantismo non procede a intermittenza, secondo le convenienze della politica».

da LA STAMPA del 22 luglio 2007