Non mi è mai parso un gesto di buon gusto giudicare pubblicamente l’operato di colleghi e non lo avrei fatto nemmeno questa volta. Ma da persona nata a Marcianise, mi sia consentito di esprimere qualche osservazione sui lavori di riqualificazione eseguiti in Piazza Carità. Intanto, mi piace precisare che in questo luogo ho trascorso buona parte del tempo libero, giocando a pallone e ad altri giochi allora in voga, per cui ritengo di ricordare bene il suo impianto sotto il profilo sia urbanistico che edilizio.
Se dovessi esprimere il tutto con un aggettivo, non esiterei a definire Piazza Carità: la splendida. E ciò fino ad una certa notte del 1956, quando l’amministrazione dell’epoca, per motivazioni credo mai condivise da alcun cittadino, decise di demolire il cinquecentesco muro con soprastante inferriata che divideva il sacrato dalla rimanente sezione prospiciente palazzo Tartaglione.
A parte questa grave offesa arrecata alla piazza, per un lungo periodo essa è rimasta com’era anche se mal tenuta. Poi successivamente, negli anni ’70 furono fatti altri interventi sulla pavimentazione che, pur se di scarsa qualità, compromisero in modo non grave il primitivo disegno.
Con l’intervento in corso e quasi ultimato, personalmente, mi aspettavo che Piazza Carità sarebbe stata restituita all’antico splendore, facendo giustizia degli scempi su di essa perpetrati nel tempo. Purtroppo devo rilevare che ciò non è stato. Anzi, ritengo che i lavori eseguiti l’abbiano ancora di più offesa. Infatti, se si confrontano le foto storiche con quanto è stato realizzato si osserva immediatamente che i caratteri della piazza medesima sono tutti scomparsi. Sembra di trovarsi altrove. Per esempio la piazza presentava due palme, una a destra e un’altra a sinistra della Carità del Buccini, altre due palme erano sistemate davanti al palazzo Tartaglione, queste essenze non sono state riproposte e non si comprende il perché. Così pure tra il sacrato e l’area antistante l’ospedale vi erano due cordonate larghe circa un metro in pietra bianca poste a diagonale con la Carità, di esse non vi sono più tracce. Per quanto poi all’arredo urbano sono state poste in opera della panchine simili a della bare funebri di lamiera e marmo, che ritengo non siano assolutamente consone al luogo. E che dire della pubblica illuminazione costituita da pali a forma di candele disseminate in modo incomprensibile sull’intera area? La cosa più sconcertante è arrivare in Piazza Carità e trovarsi su una pavimentazione del tutto simile ad un deserto di lava grigio scuro dove il pedone avverte una sensazione di depressione e disorientamento, oltre a correre il rischio di inciampare su una pavimentazione con una bucciardatura di alto rilievo che mal si concilia con una esigenza di passeggio. Ma mi chiedo: dove sono le analisi e i pareri espressi da quell’’esercito di Solone che hanno per legge il compito di soprintendere alla progettazione e alla esecuzione dei lavori in un’area così sensibile sotto il profilo storico, artistico e ambientale? L’amministrazione Fecondo che molto opportunamente si è impegnata tanto per restituire a Piazza Umberto I qualche elemento storico, perché non ha profuso lo stesso zelo per Piazza Carità?
Per concludere, dico che, nel timore di esprimere opinioni non avvertite da altri, ho fatto una piccola indagine personale; da essa è emerso che la quasi totalità delle persone contattate ha espresso le mie medesime perplessità sui lavori eseguiti.
Ingegnere Antimo Ianniello (da LA GAZZETTA DI CASERTA)
Ingegnere Antimo Ianniello (da LA GAZZETTA DI CASERTA)