sabato 18 ottobre 2008

Libere le proteste dei cittadini contro le “gestioni scorrette” di servizi pubblici

Più potere ai cittadini che si accorgono di "gestioni scorrette" da parte delle società concessionarie di un servizio pubblico. Infatti possono spedire missive all’amministrazione denunciando, con critiche "aspre e vibranti", delle irregolarità oltre a poter accedere agli atti amministrativi per un controllo diretto. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 38753 del 14 ottobre 2008.

Svolgimento del processo
F.P. è imputato di diffamazione in danno della società "C.C.C. - Cave Carbonato Calcio s.r.l.", concessionaria di cave site nei comuni di (OMISSIS), per aver inviato al Comune di Goriano Sicoli ed all'A.S.L. di (OMISSIS) due richieste di accesso agli atti amministrativi nelle quali esprimeva valutazioni sull'attività della società a cui addebitava di ignorare spregiudicatamente obblighi di ripristino, e di commettere altre irregolarità di gestione che avrebbero portato ad uno scempio ambientale ed alla selvaggia perforazione del territorio.
Tratto a giudizio davanti al competente Giudice di Pace il prevenuto è stato condannato alla pena pecuniaria ritenute di giustizia.
Ricorre per cassazione il F. deducendo con tre motivi:
1) Mancanza o manifesta illogicità di motivazione perchè il Giudice di pace si sarebbe limitato a qualificare le espressioni usate come "aspre e vibranti" senza giustificare la propria valutazione dell'idoneità delle stesse a ledere il decoro e l'onore del soggetto nei cui confronti erano dirette; in ogni caso il giudice avrebbe solo estrapolato alcune frasi senza valutarle nel contesto in cui si trovavano, di due richieste di accesso ad atti amministrativi nelle quali si esponevano le proprie preoccupazioni sull'attività che comportava sfruttamento del territorio. Si trattava comunque di missive dirette a pubbliche autorità aventi la competenza per intervenire sulle situazioni denunciate;
2) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale, posto che sarebbe mancato il requisito fondamentale del delitto di diffamazione e cioè la comunicazione con più persone; si era trattato di comunicazioni dirette ad autorità pubbliche in forma riservata e personale per sollecitare i necessari interventi;
3) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale per non essere stato ritenuto che l'imputato aveva agito nell'esercizio di un diritto, in particolare del diritto di critica per sollecitare l'intervento di pubbliche autorità tra l'altro senza eccedere i limiti della continenza, avendo egli usato espressioni che erano state definite come aspre e vibranti, ma non certo come dotate di un'intrinseca valenza offensiva.
Motivi della decisione
Rileva il Collegio che il F. aveva rivolto ai sensi della L. n. 241 del 1990 alle autorità amministrative sopra indicate due richieste di accesso agli atti amministrativi concernenti la gestione delle autorizzazioni e del controllo sull'attività estrattiva della società concessionaria di cave, richieste che il prevenuto aveva ritenuto di dover motivare evidenziando circostanze, quali il mancato adempimento dell'obbligo di ripristino e le relative conseguenze sul territorio e la salute dei cittadini, che giustificavano il proprio interesse alla vicenda e che in sostanza segnalavano agli organi dell'amministrazione la necessità di un controllo su di un'attività di sfruttamento dell'ambiente, consentita, ma nel rispetto delle prescrizioni di legge ed amministrative che la regolano.
In sostanza il cittadino sollecitava l'attività di controllo di un'amministrazione, quale quella comunale, cui spettano (Sez. 3, n. 10881 del 1997, Rv. 209641) poteri di vigilanza, non solo in materia di illeciti edilizi, ma sull'attività urbanistica in genere, intesa come assetto e utilizzazione del territorio, e che in relazione ad essi può disporre la sospensione dei lavori anche quando gli stessi non siano sottoposti a concessione edilizia, come nel caso di apertura e coltivazione di cave che per il loro sfruttamento sono sottoposte all'autorizzazione regionale, ma non sono in ogni caso sottratte (Sez. 3, sent. n. 47281 del 7/12/2005, Mazzei) al controllo urbanistico.
Sollecitava il F. anche l'attività dell'A.S.L. territorialmente competente, nella specie il Dipartimento di prevenzione, per i riflessi sulla salute pubblica delle situazioni che rappresentava.
In tal modo il prevenuto, che esercitava il proprio diritto di manifestazione del pensiero e di critica sull'operato di un soggetto dedito ad attività sottoposta a pubblico controllo e quindi alle valutazioni dell'amministrazione, perchè incidente sulle condizioni del patrimonio pubblico e dell'ambiente, teneva una condotta che può ritenersi scriminata, ex art. 51 c.p., perchè oltre all'esercizio del diritto si rendeva collaboratore dell'attività delle amministrazioni, che poneva in grado di mettere in atto meccanismi di autotutela.
Nel caso, il F. aveva segnalato all'amministrazione comportamenti che riteneva scorretti, non potendo che lumeggiare in maniera negativa l'operato della società concessionaria, con espressioni che anche il giudice del merito non ha potuto che definire "aspre e vibranti", non riuscendo quindi a qualificare tali affermazioni come eccedenti, come in effetti non sono, il limite della continenza espressiva, pur nel loro inserirsi in un contesto di forte critica all'azione di un soggetto economico che per i riflessi pubblicistici della sua attività ben poteva essere attinto da critica anche esercitata con toni più accesi e manifestanti la partecipazione emotiva dell'agente. Infine, dal capo di imputazione nulla emerge che si possa riferire alla non rispondenza al vero delle circostanze di fatto segnalate negli scritti incriminati, così che si deve ritenere che gli accertamenti del Pubblico Ministero non abbiano evidenziato alcunchè in merito alla falsità degli elementi su cui si basava la critica, e che si può quindi fondatamente affermare che il F. abbia agito in presenza della causa di giustificazione dell'esercizio del proprio diritto.
Ne consegue l'annullamento senza rinvio per tale causa della sentenza impugnata.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il F. non punibile ex art. 51 c.p..
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2008