martedì 19 febbraio 2008

Casini lancia la sfida a Berlusconi e Veltroni: "Lavoro per una maggioranza relativa"

REPUBBLICA - 18 FEBBRAIO 2008
Intervista con il leader Udc dopo la scelta di presentarsi alle elezioni da solo

"Se avessi buttato la mia storia avrei ottenuto tutto, come Fini"
di GIANLUCA LUZI

ROMA - Lo strappo è ufficiale, la telenovela è finita e l'Udc andrà da solo alle elezioni con il suo simbolo. Forse si aprirà il dialogo con la Rosa bianca di Tabacci, Pezzotta e Baccini, ma questo è argomento dei prossimi giorni. Da oggi - avverte Casini, "lavoriamo per una maggioranza relativa", anche con la prospettiva di andare all'opposizione, "ma in modo diverso da Veltroni". Solo contro i due big, perché il fatto "che ci sia un patto reale tra Berlusconi e Veltroni mi sembra chiaro. A cosa porterà non lo so, ma certamente tra i due c'è qualcosa di più di un'intesa cordiale".

"Lavoriamo per una maggioranza relativa". Che significa?
"Significa che se uno corre, corre. Non per finta. Dobbiamo avere una proposta di governo che sia credibile, e bisogna evitare una campagna elettorale di rimessa sugli altri candidati. Non ho voglia di parlare di Berlusconi e di Veltroni, d'ora in poi li chiamerò gli altri candidati".
Ma la campagna elettorale è già monopolizzata da questi "altri candidati".
"Vedo che questi due signori che si preparano da anni alla campagna elettorale, sostanzialmente non sanno altro che riproporre le ricette che i sondaggi gli hanno chiesto di presentare: sgravi fiscali, i provvedimenti sulla famiglia, le agevolazioni, l'abbassamento delle tasse. Si presentano con l'elenco delle solite promesse, con la diversità rispetto al passato che sono quasi uguali. E se si realizzassero ci costerebbero decine di miliardi. Noi invece dobbiamo parlare un linguaggio di verità e responsabilità, non presentare un elenco di promesse che poi non vengono realizzate. Noi non dobbiamo dire quello che gli elettori vogliono sentirsi dire ma quello che noi riteniamo giusto dire".

Faccia qualche esempio dei temi che porterete in campagna elettorale.
"Il numero chiuso all'università che è l'unico modo per cominciare a parlare di merito seriamente e dare una chance ai giovani meritevoli che non sia basata sul censo e la ricchezza. Poi Malpensa. Una compagnia di bandiera che ha spostato centinaia di dipendenti da Roma con un aggravio di costi che non esiste in nessun'altra parte del mondo non può che andare verso il fallimento. Non è possibile salvare l'Alitalia con imprenditori che si fanno dare i soldi dalle banche. E soprattutto Malpensa e Alitalia non possono rimanere legati come fratelli siamesi perché il risultato è che si ammazzano a vicenda. Terzo, bisogna tornare al nucleare. Ci vorranno dieci quindici anni, ma bisogna farlo. Ma vedo che gli altri candidati cercano di scantonare. Esattamente come cercano di scantonare, congiuntamente, sui temi eticamente sensibili perché ritengono che fanno perdere voti".


Lei invece ne parlerà, aborto compreso?
"Ne parlerò perché le leggi si fanno anche sui temi eticamente sensibili. La libertà di coscienza vale per le scelte di fede, se uno va alla messa la domenica o no, ma quando fai una legge sulla fecondazione o sull'aborto è una scelta eticamente sensibile su cui si legifera in Parlamento assumendosi le proprie responsabilità. Ma poiché nei loro calderoni ci sono cose troppo diverse l'una dall'altra, preferiscono che dei temi etici non si parli".


Sull'aborto Ferrara le farà concorrenza.
"E' una testimonianza bella quella di Ferrara sull'aborto, però non credo che sia possibile amministrare un Paese parlando solo di aborto. Una lista monotematica rispetto a una campagna elettorale complessa ha un valore testimoniale ma non politico. Comunque non farò polemica contro di lui perché è una persona che stimo".


E con la Cosa bianca? Lei ha lanciato segnali di avvicinamento.
"Le cose stanno così. Noi abbiamo una nostra coerenza, storia e serietà. Io sono aperto a tutte le convergenze che si possono realizzare senza innestarvi nuove telenovele e nuovi pasticci".


Tabacci la rimprovera di averci pensato troppo tardi, dopo la rottura con Berlusconi.
"Io ho cercato di evitare la rottura fra i moderati. Se si ritiene utile una convergenza, bene. Altrimenti non ci sarà. La forza della nostra proposta non è quella di cercare accorpamenti, ma di essere chiari e limpidi. Non sono disponibile a compromessi ma a dialoghi seri".


Pentito per non aver detto sì al governo Marini? Avrebbe avuto la legge elettorale alla tedesca.
"Bisogna esser realisti. Il governo Marini non avrebbe mai fatto la legge elettorale: solo chi ha poca esperienza di Parlamento pensa che in due o tre mesi sarebbe stato possibile farla. La teoria è una cosa, ma in pratica noi avremmo compromesso la nostra coerenza, fatto un gesto che la gente non avrebbe capito e non avremmo avuto nemmeno la legge elettorale alla tedesca. Per cui non sono pentito, anzi le motivazioni forti che ritrovo in questa campagna elettorale e che mi sento di spiegare alla gente non le avrei avute".


E' vero che le hanno offerto Palazzo Chigi per un sì a Marini?
"Credo che ognuno possa immaginare di che tipo di pressioni sono stato oggetto in quei giorni. Ma non è un merito averle rifiutate, è un dovere. E' chiaro che non mi vendo per Palazzo Chigi così come non mi vendo per il ministero degli Esteri. Il problema è se uno si vende o meno e io non mi vendo".


A proposito, cosa aveva messo sul piatto Berlusconi per entrare nel Pdl senza simbolo dell'Udc?
"E' ovvio che avevo capito da tempo che per me ci poteva essere spazio e grandi riconoscimenti. A condizione che si annullasse un'esperienza politica. E' quello che capiterà a Fini che avrà riconoscimenti, sarà presidente della Camera, ministro degli Esteri o quello che vuole. A patto che annulli la sua esperienza politica. Il problema è perfettamente legittimo, dal punto di vista di Berlusconi è anche coerente perché non vuole condizionamenti di altri partiti. Tranne la Lega perché probabilmente si fida. Anche se ha fatto il ribaltone, mentre io non l'ho mai fatto".


Deluso da Fini?
"L'unica persona di cui vorrei veramente non parlare in questa campagna elettorale è Fini, e credo che sia un grande vantaggio per tutti. Soprattutto per lui".


Il direttore di Avvenire è intervenuto per lei in tv. Cosa faranno i vescovi adesso che la rottura con Berlusconi è definitiva?
"Niente. Non si può confondere l'opinione di una personalità, anche se di grande significato come il direttore di un giornale cattolico, con l'opinione dei vescovi che non partecipano alla politica ma esprimono legittimamente opinioni sulle leggi e su quello che si dibatte nella società italiana. Non mi aspetto nulla, non voglio nulla, sono convinto che non faranno nulla e fanno bene a non fare nulla. Mi ha fatto piacere l'intervista di Boffo ma non comporta certo una scelta. Il '48 è lontano".


Non teme che adesso Berlusconi le svuoti il partito?
"E' l'ultima cosa di cui mi preoccupo. La nostra è un'operazione politica. O scatta un consenso politico o non sarà un portatore di voti in più o in meno a determinare l'esito di questa campagna elettorale. Anzi, adesso che mi ci fa pensare: suggerirò a qualcuno che non troverà spazio nelle nostre candidature di farsela dare da Berlusconi".


E se il voto finisce in parità? Grande coalizione?
"Alla grande coalizione non sono né favorevole né contrario ma deve avere una caratteristica semplice e chiara: non essere fatta per difendere gli interessi di chi la fa, ma per difendere gli interessi del Paese".