sabato 1 dicembre 2007

Fecondo, gli imprenditori e l'occupazione (parte terza)

Rileva, anche, l'incapacità dimostrata di gestire un programma, condivisibile o meno che sia. Pure da questo punto di vista rimane evidente che una corretta gestione richiede il rispetto delle parti in causa. Un datore di lavoro che, ad esempio, non ottiene il rispetto delle sue maestranze riceverà la prestazione prevista dal minimo contrattuale e non sarà mai preservato da rivendicazioni economiche e pedissequa osservanza della norma contrattuale. Allo stesso modo una amministrazione incapace di estrinsecare l'autorità della funzione si attesta oggi su un infruttuoso autoritarismo. Anche la pubblica opinione da tempo ha capito che in tale posizione l'imprenditore/interlocutore è legittimato a rispondere: "ho già dato". A questo punto il pinocchietto nel sacco corre da "babbino" (il cittadino) e pieno di buoni propositi (tipo letterina di natale) promette di non farlo più (il riferimento è al prossimo outlet). Non ci spingiamo nell'ambito del ministero della Giustizia o degli Interni, ma l'affermazione di incapacità, che fa il paio con quella del fallimento prima evidenziata, è palese: "la mia programmazione non ha dato frutto e nemmeno sono stato capace di gestire quella programmazione". Si è toccato il minimo storico in tema di moralità, vivibilità e livelli occupazionali.
Gli atti conseguenti alla timida presa d'atto dell'oramai ex superpippo, ed oggi pinocchietto, sono nelle mani di questa maggioranza, accozzaglia informe e litigiosa dalla quale però si dispera possa venire uno scarto d'orgoglio.
(segue?)

gierre