venerdì 31 agosto 2007

Ci sentiamo ancora padroni dell'aria che respiriamo?


Da IL CORRIERE DI CASERTA del 31/08/07

Attraversare le campagne di Marcianise equivale ad una vera e propria traversata nell’inferno.
Un inferno postindustriale che non presenta certo il fascino maledetto delle descrizioni di Dante o di Milton. “Entrando nel rione Clanio, agglomerato estremo della città” – ha affermato Pasquale Costagliola, Presidente dell’associazione Terra Nostra – “sorto intorno al castello di Airola ci si immerge nel caos delle discariche. Ne esistono centinaia, grosse e piccole. Cumuli di residui dell’attività edilizia, cataste di pneumatici, elettrodomestici rotti, immondizia di ogni genere. Sulla strada che costeggia la ferrovia ed arriva alla chiesa di Santa Veneranda sono sorte delle colline ricoperte di vegetazione, sono cumuli di rifiuti consolidati e compattati nel tempo su cui il vento ha portato i semi delle erbe e persino degli alberi che sono cresciuti mettendo radici in chissà quali veleni”. Quello descritto da Costagliola sembra veramente un paesaggio terzomondista. Dappertutto vi sono montagne di immondizia carbonizzata con fusti che campeggiano nei resti dei roghi. “In località Ponteselice, vicino alla masseria Visocchi” – aggiunge Costagliola – “sono sparsi tanti bidoni di diluente industriale ancora non bruciato accanto ad altri esplosi nei vari incendi appiccati per cancellare le tracce di sversamenti pericolosi. Lungo la stradina che costeggia i regi lagni vi è un area recintata dalla polizia presumibilmente, che contiene i resti carbonizzati di residui industriali non identificati che sprigionano un puzzo terribile. La campagna tutta di Marcianise è in preda a fumarole continue che emanano diossina a tutto spiano, una nube nera aleggia permanentemente su una delle campagne più fertili del Sud. Lungo gli argini cementificati dei regi lagni” – prosegue nella descrizione dei luoghi – “l’inferno assume i contorni di uno Stige dell’inquinamento. Il canale che una volta era addirittura balneabile oggi è un torrente di liquami e rifiuti. Tutto intorno si continua a coltivare tabacco e mais malgrado il divieto espresso con un ordinanza del comune. Al centro di questa zona troneggia la discarica di Santa Veneranda, il sancta santorum dello schifo. Un posto” – sottolinea Costagliola – “usato per stoccare i rifiuti in condizioni di emergenza che è diventato discarica “ufficiale” e stabile ma anche sito dove in un orrendo fai da te dell’inquinamento tutti possono rilasciare tutto e poi bruciarlo. Mentre si parla di messa in sicurezza delle aree di discarica, di bonifica dei siti inquinati, in questo inferno fuori porta imperversa la distruzione totale, l’apocalisse ambientale. Niente controlli dell’Arpac, nessuna geomembrana sotto i cumuli, porte aperte ai piromani, nessuna sorveglianza del sito, scarichi di materiali tossici a piacere. Fumo e fiamme avvolgono i campi” – conclude Costagliola – “mentre le acque sono infiltrate da tutto ciò che la società produce di vomitevole. Il sacrificio estremo del nostro territorio si consuma ogni giorno nel silenzio colpevole delle istituzioni fino alla soluzione finale.